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Pericle Fazzini

Grottammare (AP), 1913 – Roma, 1987

64.Ragazzo con i gabbiani - Fazzini
Ragazzo con i gabbiani

Nacque da Vittorio e Maria Alessandrini. Giovanissimo, iniziò a lavorare nella falegnameria di famiglia, accanto ai fratelli, apprendendo a intagliare il legno. Intorno al 1929 il poeta Mario Rivosecchi, amico di famiglia, convinse il padre ad assecondarne il precoce talento, mandandolo a studiare a Roma. Vi si trasferì nel 1930, iniziando a frequentare la scuola libera del nudo all’Accademia di belle arti. 1 suoi appunti testimoniano, oltre all’interesse per la scultura barocca, una giovanile ammirazione per Auguste Rodin, Emile Antoine Bourdelle e Aristide Maillol. Tra i primi amici troviamo il pittore Alberto Ziveri, con il quale divise alcune esperienze iniziali: tra queste la partecipazione, nel 1930, alla IV Triennale di Monza, dove i due artisti collaborarono alla realizzazione della Casa del poeta

Nel 1932, con il bassorilievo Uscita dall’arca vinse il concorso per il pensionato artistico nazionale, che garantiva per due anni un mensile e l’uso di uno studio a villa Caffarelli al Campidoglio. Fu l’inizio di un periodo di lavoro intenso, i cui primi frutti apparvero nel gennaio 1933 in una mostra tenuta insieme con Ziveri e Giovanni Grassi presso la galleria Sabatello. L’esposizione, paragonata per il suo impatto sull’ambiente romano a quella di Mario Mafai e Scipione (Gino Bonichi) tenutasi tre anni prima, ottenne recensioni favorevoli. In febbraio Fazzini espose al Circolo delle arti, ottenendo nuovi riscontri di critica. Si ampliarono le amicizie nell’ambiente romano: tramite Giuseppe Ungaretti conobbe Marguerite Chapin Caetani principessa di Bassiano, animatrice della rivista Commerce, che nel 1934 lo invitò a partecipare a una collettiva a Parigi, alla galleria Les amis de l’art contemporain. Una delle tre sculture inviate – Anita, in legno – venne poi acquistata dal Musée du Jeu de paume e si trova oggi al Musée national d’art moderne (Centre George-Pompidou).

Questo periodo di successi culminò nel 1935 con la partecipazione alla II Quadriennale d’arte nazionale a Roma; i due altorilievi Danza (legno; Fondazione Giorgio Ronchi, Capri, villa Malaparte) e Tempesta suscitarono una notevole emozione e ottennero un premio di 10.000 lire. Nonostante l’artista si esprimesse in queste opere con la massima libertà di mezzi, la loro energia convinse anche critici di orientamento tradizionalista.

Dopo la partecipazione, nel 1935, alla mostra parigina “Art italien des XIX et XX siècles” al Jeu de paume e ai Littoriali dell’arte, fu invitato alla Biennale di Venezia. Inaspettatamente il pensionato artistico decise di non rinnovargli la borsa di studio, mettendolo così di fronte a serie difficoltà economiche e gli anni tra il 1935 e il 1938 furono piuttosto difficili. Con il premio vinto alla Quadriennale lo scultore prese in affitto uno studio in via Margutta, dove lavorò per il resto della sua vita. Si isolò dall’ambiente artistico romano, realizzando in solitudine alcuni dei suoi massimi capolavori, come il ritratto di Ungaretti (1936, legno; Roma, Gall. naz. d’arte mod.) e la Danzatrice, e partecipando alle mostre pubbliche con opere di minore impegno, talora legate ai temi della propaganda di regime: ritratto del Duce in bronzo; Balilla armato, grande statua in gesso.

Nel 1938 Fazzini pose fine al suo isolamento partecipando alla XXI Biennale di Venezia con un gruppo di sculture che lo consacrò ai massimi livelli della ricerca europea: il ritratto di Ungaretti; i Momenti di solitudine, figure in legno rappresentanti un Ragazzo che ascolta (venduto al collezionista Maristany di Madrid) e un Giovane che declama (già propr. Cidonio, ora Russo) opere che  costituiscono il punto di arrivo di una ricerca dall’arcaicismo greco (si veda il Ritratto di Anita n. 2, in legno dipinto come gli antichi xoana) alla compiutezza di Fidia e all’eleganza proporzionale di Lisippo e alla libertà compositiva e dinamica dell’ellenismo.

Nel 1939, in occasione della III Quadriennale romana, il confronto si estese ad altri modelli: il bassorilievo Passaggio del Mareb (gesso), per la guerra di Etiopia, ricorda le superfici delle colonne onorarie romane. Nel dicembre di quello stesso anno, con altri artisti romani, partecipò, alla galleria Grande di Milano, alla seconda mostra del gruppo di Corrente, rivista fondata per raccogliere le energie e i dissensi della giovane arte italiana con una situazione politica sempre più aspra. Nel gennaio 1940, sempre sulla via di un nascente “realismo”, prese parte ad una importante collettiva alla Galleria di Roma (attuale Galleria Alberto Sordi).

Nel 1940 sposò Anita Buy, la scrittrice alla quale era da tempo legato; poco dopo fu chiamato alle armi e raggiunse dapprima Padova, poi Zara.

Nel 1941-42, ebbe modo di lavorare: molti disegni vennero inviati alle riviste Primato, Documento, Domus. Curzio Malaparte gli acquistò il rilievo Danza per collocarlo nella celebre villa di Capri e, soprattutto, Fazzini diede l’avvio a una produzione dei bronzetti realizzati con l’antica tecnica della cera persa.

Congedato l’8 settembre 1943, fece ritorno a Roma, dove riprese la scultura iniziata allo scoppio della guerra: il Ragazzo coi gabbiani (1944, legno con tracce di colore, coll. Fazzini), in cui la figura umana è il mezzo per evocare l’estate, l’aria, il volo, il mare. Pensando a sculture come questa, Ungaretti lo definì “scultore del vento”. Nel 1945 vide la luce Il fucilato (bronzo), una delle più intense espressioni figurative dei dramma bellico appena concluso e una delle prime creazioni in cui emerge il sentimento religioso del dolore e della sofferenza umana.

Nel 1946 espose alla galleria del Secolo di Roma, accanto ad Antonio Corpora, Renato Guttuso, Sante Monachesi, Giulio Turcato. Vinse il premio Torino del 1947 con Anita in piedi del 1939 (Roma, coll. Nunes) e partecipò alla prima mostra del Fronte nuovo delle arti a Milano, Galleria della Spiga, nel giugno 1947, accanto ad artisti che proponevano una ricerca basata sulla sintassi cubista allo scopo di riallacciare i fili con la cultura europea, esponendo la Sibilla (vincitrice nel 1949 del premio Saint-Vincent) e il Profeta. Nel luglio 1949 partecipò alla rassegna “XX Century Italian art” presso il Museum of Modern Art di New York.

Nel 1950-51 riprese il rapporto con l’architettura realizzando l’altare per la cappella di S. Francesca Cabrini in S. Eugenio a Roma. Nell’aprile del 1951 l’Ente Premi Roma ospitò una vasta antologica e nello stesso anno l’Accademia di S. Luca gli conferì il premio Einaudi. Nel 1952 tenne una personale alla galleria Alexander Jolas di New York, inaugurando un periodo di attività in campo internazionale. Nel 1954 partecipò, presentato da Ungaretti, alla XXVII Biennale di Venezia con una personale che gli valse il primo premio per la scultura. L’anno dopo ottenne la cattedra di scultura all’Accademia di Firenze e dal 1958 al 1980 insegnò all’Accademia di belle arti di Roma.

Del 1956-57 è uno dei progetti più arditi: quello per un Monumento alle vittime di Auschwitz, non realizzato: “Doveva essere una grande superficie orizzontale di sessanta metri di lato. come una piazza concava, scavata da sentieri che passavano in mezzo alle figure dei morti. E la gente camminando verso il centro si trovava a poco a poco sempre più in basso, fino ad avere le teste scolpite all’altezza degli occhi”.

Negli anni seguenti si fece sempre più importante l’impegno in opere a carattere monumentale: nel 1959-60 eseguì il portale in bronzo della chiesa di San Giovanni Battista sull’autostrada del Sole, nei pressi dell’uscita di Firenze Nord, con scene raffiguranti il Passaggio del Mar Rosso e L’arrivo dei re magi. Tra il 1961 e il 1965 si dedicò alla fontana per il palazzo dell’Ente nazionale idrocarburi (ENI) a Roma Eur, immaginando di “proiettare all’esterno il sottosuolo, isolandone un frammento in maniera tale che si abbia la sensazione delle profonde stratificazioni della terra sino alle viscere da cui viene estratto il petrolio”. Del 1964-65 è il Monumento alla Resistenza in Ancona e dello stesso periodo il bozzetto (bronzo, coll. Fazzini) per un mai realizzato monumento a J. F. Kennedy: doveva essere una grande stele (30 m di altezza) con tagli e fenditure nel senso della lunghezza che scoprivano, in controluce, il profilo di Kennedy (una prova di dimensioni ridotte, successivamente intitolata Metamorfosi e fusa in bronzo, venne donata anni più tardi alla sua città natale).

Per il palazzo della Federconsorzi a Roma il Fazzini aveva compiuto nel 1955 sulla facciata un lungo fregio di bronzo dal titolo I campi; nel 1965-66 concluse il lavoro realizzando all’interno un grandissimo altorilievo in legno dal titolo Il solco: un campo arato tra due file di olivi contorti in cui, rievocando il paesaggio marchigiano, ritrovò la straordinaria energia dei suoi rilievi giovanili.

Mentre in Italia si moltiplicavano le commissioni per imprese pubbliche, crebbe l’interesse all’estero: nel 1961 tenne una personale a Darmstadt, nel 1962 alla Kunsthalle di Düsseldorf. Una monografia di Rodolfo Pallucchini apparsa in Giappone nel 1963 contribuì alla crescente notorietà dell’artista in questo paese, espose in mostre personali e collettive nel 1970, 1971, 1972 e 1973. Gli anni Sessanta furono ricchi di sperimentazioni sul piano stilistico: Fazzini realizzò per la IX Quadriennale romana del 1965 la Conchiglia, una grande scultura mobile in bronzo (un esemplare, della coll. Meadows di Dallas; un altro, in coll. privata giapponese). Per il porto di San Benedetto del Tronto concepì (1969-70) il Monumento al marinaio (non realizzato): una grande forma bianca ispirata ai movimenti del mare, al vento, al volo dei gabbiani, che avrebbe dovuto innalzarsi per m 26 di altezza e muoversi alle correnti d’aria.

Negli anni Settanta visse l’avventura della Resurrezione, la grande scultura per la sala delle udienze in Vaticano, che può essere considerata come il punto di approdo di tutta la sua ricerca. La genesi della scultura fu lunga: i primi contatti si erano avuti nel 1965, ma la decisione finale arrivò soltanto nel 1972, grazie all’intervento personale di Paolo VI. Il lavoro e la successiva fusione richiesero quasi sette anni, fino all’inaugurazione che avvenne il 28 sett. 1977. È facile trovare riassunti nella Resurrezione i grandi amori che nel 1930 lo avevano avvicinato al barocco e a Rodin. il sentimento mistico della natura che lo spinse a reinventare le forme di alberi e nuvole aperti a ventaglio intorno al Cristo; infine il “mestiere” gli permise anche in questo caso di adottare soluzioni tecniche nuove e avanzate (il punto di partenza della fusione era un prototipo a grandezza naturale realizzato in una sorta di polistirolo con l’aiuto di chiavi elettriche incandescenti). Durante le ultime fasi di lavorazione (nell’agosto del 1975) l’artista fu colpito da trombosi. La ripresa avvenne lentamente e egli trascorse i suoi ultimi anni in relativa tranquillità tra lo studio di via Margutta e la casa costruita a Grottammare presso un bosco di querce secolari. Tra le principali fonti di ispirazione ritroviamo gli spazi aperti dell’Adriatico, suggeriti anche in una serie di pastelli in una estrema sintesi figurativa. Morì a Roma il 4 dicembre 1987.

Pericle Fazzini nelle Marche

Museo civico e della mail art di Montecarotto (AN)

Museo Pericle Fazzini del Torrione della Battaglia di Grottammare (AP)

Museo della Calzatura di Sant’Elpidio a Mare (AP)

Museo Palazzo Ricci di Macerata

Museo internazionale dell’etichetta del vino di Cupramontana (AN)

Pinacoteca Civica di Ripatransone (AP)

Il monumento alla Resistenza, parco del Pincio, Ancona

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