Scultore e pittore marchigiano della prima metà del Novecento, studiò a Urbino e fu attivo anche a Milano e a Roma. Alcune tra le sue opere sono esposte nella Galleria d’Arte Moderna della Pinacoteca civica Francesco Podesti di Ancona. Allievo di Domenico Jollo all’Istituto di Belle Arti di Urbino, ha lasciato opere pubbliche a Rimini, Senigallia, Corinaldo, Ancona.
Nacque nel Borghetto di Ancona, quartiere che fu spianato dalle ruspe nel 1983 perché il monte continuava a franare verso il mare. La sua famiglia era di tradizione anarchico-socialista e proveniva dalla Romagna, dalla Terra del Sole in provincia di Forlì, dove il nonno, Tommaso, aveva contribuito nel 1849 a mettere in salvo Giuseppe Garibaldi, braccato dagli austriaci, trasportandolo a Terra del Sole, all’epoca Granducato di Toscana. Il fratello di Mentore, Giulio, antifascista e internazionalista, subì le violenze del regime fascista e fu mandato al confino a Lampedusa.
Negli anni venti, Maltoni è forse lo scultore che più efficacemente rappresenta la “scuola napoletana”. Un verismo che gli consente di cogliere l’espressione di pescatori e scugnizzi e che egli traduce efficacemente su moduli classici ed ellenistici. Opere come l’arengario della Casa del mutilato ad Ancona, statue e bassorilievi commemorativi dei Caduti in guerra rivelano nella loro semplicità di linea l’appartenenza al nuovo neoclassicismo.
Improntati al Verismo di Vincenzo Gemito sono i ritratti in gesso o fusi in bronzo rimasti in alcune collezioni private e nella Pinacoteca di Ancona (quali “Testa di bimbo”, 1920, e lo splendido “Autoritratto, 1950”) e i bellissimi ritratti infantili come la testina di “Bambino che ride” del 1936 e Laura Belli a 4 anni. Mentore Maltoni collaborò nel dopoguerra alla ricostruzione di Ancona: restaurò con Vittorio Morelli i rilievi della Loggia dei Mercanti e gli elementi della Fontana dei Cavalli e ricostruì ex novo la statua di Sant’Antonino nella Chiesa di San Domenico.