Carlo Maratti, menzionato anche come Carlo Maratta, durante la vita fu celebrato come il massimo pittore del suo tempo. Maratti riuscì nel difficile compito di conciliare le due opposte tendenze, classicismo e barocco per un barocco privo di eccessi retorici.
Nacque il 15 maggio del 1625 nel borgo di San Germano di Camerano, uno dei castelli di Ancona. La sua famiglia, originaria della Dalmazia, aveva attraversato l’Adriatico per sfuggire alla dominazione turca. Don Corinzio Benincampi, pievano di Massignano, notò la sua disposizione per le arti figurative e lo sollecitò a dipingere le prime opere. Grazie al sostegno economico dell’amico di famiglia Corinzio Benincampi (segretario di Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII), appena undicenne il M. si trasferì a Roma. Subito dopo il suo arrivo, probabilmente nello stesso 1636, entrò a far parte della prestigiosa bottega di Andrea Sacchi, presso la quale rimase sino alla morte del maestro nel 1661. La sua cultura artistica si formò anche sugli esempi dei bolognesi, in particolare Giovanni Lanfranco e Guercino e, nei fatti, fu il vero fondatore dell’Accademia romana che impose un indirizzo classicheggiante alla cultura del secondo Settecento. Nel 1647 il Maratti lascia Roma e si stabilisce per due anni ad Ancona; il soggiorno anconetano segnò una svolta nella sua arte. Per oltre un anno, in un lasso di tempo da collocare fra il 1646 e il 1649, tornò a soggiornare nel natio borgo di Camerano, in conseguenza di gravi dissapori intercorsi a Roma..
Nel 1650 tornò a Roma ed ottenne grande prestigio dipingendo una Natività e l’Adorazione dei pastori nella Chiesa di S. Giuseppe dei Falegnami a Roma, in cui dimostrò la possibilità di fondere armonicamente tutte le esperienze più vive della pittura romana del suo tempo, sia nella composizione, sia nella gamma cromatica. Le sue opere divennero famose e i collezionisti stranieri si disputavano i suoi disegni. Da una commissione dell’erudito inglese John Evelyn, residente a Roma fra il 1644 e il 1645, scaturì l’unica incursione del pittore nel campo della natura morta: la piccola tela, imperniata su una croce poggiata su un libro, fu eseguita nel 1646.
La tela con S. Francesca Romana in adorazione della Madonna con Bambino, dipinta per la chiesa di S. Angelo Magno in Ascoli Piceno e databile al 1653-54, e la coeva S. Francesca Romana in lettura, oggi nella Pinacoteca civica della stessa città marchigiana, mettono in luce le ricerche, orientate nel senso della monumentalità compositiva e della brillantezza sotto il profilo coloristico: ricerche che qui, come pure nella rappresentazione potente e scultorea del S. Agostino e il mistero della ss. Trinità, del 1655-56 circa (Roma, S. Maria dei Sette Dolori), trovano i principali termini di confronto, accanto a Sacchi, nel Guercino e Lanfranco.
La fama del pittore si accrebbe dopo la salita al soglio pontificio di papa Alessandro VII, della famiglia Chigi (1655), tanto da diventare il massimo pittore di Roma della seconda metà del Seicento. I dipinti realizzati tra il 1653 e il 1656 circa, per la cappella dedicata a S. Giuseppe nella chiesa romana di S. Isidoro, gli consentirono di mettere adeguatamente in luce tutto l’arsenale tecnico ed espressivo su cui poteva fare affidamento. Sul mercato romano Maratti guadagnò l’ammirazione incondizionata.
Nel 1662 il M. fu ammesso all’Accademia di S. Luca e ne venne eletto principe; nel 1706, per volontà del pontefice, il titolo divenne per lui perpetuo.
Alla seconda metà del ‘600 risalgono alcuni capolavori della produzione ritrattistica del M., a cominciare dal Clemente IX Rospigliosi, datato 1669, e quello a figura intera di Antonio Barberini. Per efficacia realistica, minuziosità d’esecuzione, perfetto equilibrio di contegno ed espressività, si colloca accanto ai capolavori di Antonie Van Dyck e Diego Velázquez.
L’artista tornò nelle Marche nel 1672, nel periodo di massimo splendore della sua arte. Tra i capolavori di questo periodo si deve ricordare la pala che dipinse per la chiesa di San Nicola di Ancona (Madonna col Bambino in gloria e santi), del 1672. A Urbino fu artefice della decorazione ad affresco della cupola del duomo; il soggetto scelto era La caduta di Lucifero ma è andato perduto con il crollo del 12 gennaio 1789 in seguito ad un terremoto. Il duomo fu completamente ricostruito.
Nel 1681, il Maratti dipinse per Luigi XIV, su incarico di Jean-Baptiste Colbert, l’Apollo e Dafne oggi nei Musées royaux des beaux-arts di Bruxelles. L’opera gli fece ottenere, in aggiunta a una lauta ricompensa, la nomina a “peintre du roi” di Francia. Negli ultimi anni del Seicento iniziò la sua attività di autorevole e ammirato restauratore. Restaurò dunque gli affreschi carracceschi di palazzo Farnese, e a più riprese lavorò insieme con i suoi collaboratori sui capolavori romani di Raffaello.
Grazie al benessere economico il M. poté liberare le briglie alla propria passione collezionistica. Giunse, così, a mettere insieme un quantitativo imponente di dipinti, disegni e incisioni, al quale contribuì anche la seconda moglie Francesca Gommi. Nell’abitazione del M. si trovavano, tra gli altri, dipinti di Raffaello e di tutti i suoi allievi principali, di Correggio, Tiziano, Annibale Carracci, Domenichino, Lanfranco, Pieter Paul Rubens, Mario de’ Fiori, Sacchi, Pietro da Cortona, Poussin. La gran parte della collezione dei coniugi Maratti passò in eredità a Faustina, la quale nel 1722 la vendette in blocco a Filippo V di Spagna. Negli ultimi anni Maratta si era ritirato a vivere a Genzano di Roma, in un palazzetto rococò di cui era stato anche architetto; si era trasferito là insieme alla figlia Faustina, cui era teneramente legato e della quale ci restano le sembianze nel bel Ritratto, detto anche Allegoria della Pittura. Morì a Roma nel 1713. È seppellito nella Basilica di Santa Maria degli Angeli in Roma, dove fu costruito un monumento funebre in suo onore.
Il legame con la terra natale è testimoniato dal testamento, in cui il pittore dispose la traslazione delle spoglie di Santa Faustina martire dalle catacombe romane a Camerano. Per accogliere le spoglie della martire il Maratti promosse la nuova sistemazione della chiesa di San Nicola, la sua nuova intitolazione alla santa e il trasferimento nell’altare maggiore della sua pala d’altare San Nicola. Ad Ancona, nella Pinacoteca “Francesco Podesti” si conserva la Madonna col Bambino e i santi Ambrogio, Francesco di Sales e Nicola.