Nacque a Fano il 16 sett. 1720. Presso lo zio Ceccarini ebbe il suo apprendistato artistico, come aiuto negli affreschi della cappella del Crocifisso nella chiesa di S. Filippo Neri a Perugia (1736). È altresì plausibile, per quanto non sufficientemente documentato, che abbia affiancato Ceccarini anche nelle tappe del professionale, fra il 1735 e il 1738, che lo portò anche a Roma.
A Roma entrò in stretta relazione con il nobile Carlo Ferri: la famiglia Ferri avrebbe in seguito costituito il principale referente professionale e praticamente l’unico suo committente documentato. Nel 1748 il Magini si trovava nuovamente a Fano, dove si svolse la sua esistenza e la sua carriera.
Il catalogo delle opere presenta un gruppo cospicuo di nature morte, tra le più notevoli realizzate in Italia nel Settecento. A dispetto del sorprendente e totale silenzio delle fonti al riguardo, è proprio questo consistente nucleo pittorico a costituire la parte più nota, apprezzata e studiata della produzione. Nelle nature morte si palesa un’attenzione sottile nei confronti dell’opera e una comune ispirazione con alcuni dei più sensibili petits-maîtres attivi nel genere nella seconda metà del secolo.
Il primo dipinto documentato è la pala d’altare raffigurante i Ss. Vincenzo Ferreri e Nicola da Tolentino che intercedono in favore delle anime purganti realizzata per la chiesa parrocchiale di Croce di Caldarola, firmata e datata 1742. Lo stesso anno d’esecuzione si trovava indicato su un’altra tela già in collezione privata e andata perduta in un incendio: il Ritratto di Pier Luigi Lanzi. Sparisce qualsiasi riferimento dell’attività pittorica sino al 1760, data riportata sul retro dei due ritratti dei conti Francesco Maria Benedetti e Livia Dall’Aste Benedetti, conservati nella collezione Benedetti Forestieri di Senigallia. Un altro ritratto fra i più intensi eseguiti, Monsignor Pompeo Compagnoni, vescovo di Osimo e Cingoli tra il 1740 e il 1774, conservato nella collezione Compagnoni Floriani. Al 1770 risalgono i due ritratti di Gaetano e Stanislao Lanzi (Fano, collezione Montanari).
Magini non riuscì mai a raggiungere una condizione economica soddisfacente: nel 1752 si trasferì dalla parrocchia di S. Leonardo a una casa di proprietà dell’orfanotrofio femminile di Fano, nella parrocchia di S. Antonio. Nel 1763 riuscì ad acquistare una casa nella parrocchia di S. Marco (il cui pagamento lo impegnò fino alla fine dei suoi giorni). Era attivo anche come copista e restauratore. I ritratti sono l’unico genere nel quale l’artista seppe conquistare in vita una certa fama. Al 1772 (1774) risale il Ritratto dell’abate Antonio Modesto Gasparoli (collezione della Cassa di risparmio di Fano). Il Ritratto di Francesco Vici, maestro di cappella di Fano (Bologna, Civico Museo bibliografico musicale), è firmato e datato 1776 sul retro della tela; nello stesso anno si dovrebbe situare l’esecuzione del Ritratto di Andrea Basilj, maestro di cappella della S. Casa di Loreto, conservato nel medesimo museo bolognese. Al 1769 si colloca la realizzazione del Ritratto di Gianandrea Bellini, musicista fanese, opera destinata a padre Giovanni Battista Martini, celebre compositore e trattatista bolognese (la tela è anch’essa al Civico Museo bibliografico musicale di Bologna). Nel 1780 dipinse i due ritratti del Conte Mario Compagnoni Floriani di Villamagna e della Marchesa Francesca Ricci Compagnoni (Macerata, collezione Compagnoni Floriani).
Risale forse alla seconda metà degli anni Novanta il Ritratto di padre Luigi Barbieri, provinciale dei minimi del convento di S. Spirito in Fano, oggi nella Pinacoteca civica della stessa città, dove sono altresì conservati il Ritratto di Francesco Paci, calzolaio e quello di Papa Pio VII, realizzato nel 1800 nel corso di un soggiorno a Fano del pontefice. Nel giugno del 1802 il Magini fu pagato per una Madonna collocata nell’appartamento dell’abate dell’abbazia di S. Paterniano; e per la stessa sede, fra il novembre e il dicembre del medesimo anno, dipinse “tre armi del Papa, Cardinal Protettore e Rev.mo Padre Abate Generale Leati, poste nel chiostro” e ancora una tela “rappresentante la Beata Vergine da porsi in foresteria”. Gli ultimi pagamenti documentati sono del 1804: in febbraio ricevette un compenso, ancora dall’abbazia di S. Paterniano, per una Madonna della Pietà; e sempre quell’anno eseguì per la chiesa di S. Pietro in Valle di Fano una copia della Consegna delle chiavi dipinta nel 1626 da Guido Reni, che era stata sottratta dalle truppe napoleoniche nel 1798.
Il catalogo di nature morte presenta una notevole coerenza stilistica, che rimanda soprattutto alla tradizione emiliana e lombarda, e una indiscutibile nobiltà di fattura. Nella sua attività di specialista di natura morta attinse costantemente a una trama di oggetti: un fitto tessuto di cose semplici e di generi alimentari primari, esplorato con profonda intelligenza pittorica. I pezzi salienti di questo minuscolo e modesto teatro del quotidiano, oltre che in varie collezioni private, si conservano principalmente nella Quadreria della Fondazione Cassa di risparmio di Fano, nella Pinacoteca civica di Faenza e nella Pinacoteca civica di Forlì. Due opere, Natura morta con finocchio, canovaccio, testa di vitello e mele e Natura morta con costolette d’agnello su tagliere, piatto di salsicce, cavolo e prosciutto appeso, sono nella Pinacoteca civica di Forlì. Altre nature morte sono al Museo nazionale di Varsavia e all’Ermitage. Magini morì a Fano il 3 luglio 1806, abbandonato dai figli e ospite nell’abitazione di un certo Gioacchino Mattioli.