Antonio Francesco Peruzzini fu una figura di primo piano nella pittura paesistica del XVII-XVIII secolo. L’artista, giudicato sino a tempi recenti semplice subordinato, è ora ritenuto il paesista più originale e di rottura affermatosi alla fine del Seicento: raggiunge esiti di straordinaria forza pittorica aggrumando la pasta del colore in spessori che, in alcuni casi, appaiono di sconcertante modernità.
Dopo l’apprendistato con il padre Domenico si specializzò nella pittura di paesaggio, subendo l’influenza di Salvator Rosa; ulteriori influssi gli vennero anche da pittori nordici attivi in Italia soprattutto Pieter Mulier detto il Tempesta. I suoi dipinti più antichi, datati dalla critica fra il 1672 e il 1674, sono due Burrasche di mare date in dono dal musico romano Giulio Cavalletti alla S. Casa di Loreto nel 1689. Successivamente il Peruzzini si trasferì a Bologna, dove ricevette commissioni per la realizzazione di numerosi paesaggi dal conte Annibale Ranuzzi. Verso la metà degli anni ottanta l’artista anconetano entrava anche nella cerchia dei pittori di “paesi” ricercati da Vitaliano VI Borromeo per il quale eseguì per i Borromeo almeno undici dipinti.
Dal principio degli anni Novanta iniziò il lungo legame artistico a Milano e nel 1695 e compare per la prima volta nell’elenco dei pittori iscritti alla Congregazione di S. Luca. I primi esempi di dipinti eseguiti con Magnasco sono la Marina con pescatori d’anguille (Parigi, Louvre), databile fra il 1689 e il 1692, il Paesaggio boscoso con viandanti (San Pietroburgo, Ermitage) e il Paesaggio con assalto di ladroni (Milano, collezione privata), entrambi databili a un periodo di poco successivo.
Nei primi anni del Settecento si trasferì in Toscana, dove realizzò opere commissionate da Ferdinando de’ Medici e da altre nobili famiglie vicine alla corte granducale. Antonio Francesco, in questo primo decennio del secolo, produce numerose opere già note alla critica, di ottima qualità e di una notevole libertà pittorica, come il “Paesaggio con frati penitenti di Stoccolma” o il “Paesaggio con san Francesco in estasi”. A partire dai primi anni del nuovo secolo in poi la sua pittura sembra sfaldarsi, attraverso forme che si fanno più dinamiche e leggere, quasi fantastiche. Ciò si nota, per esempio, nel S. Francesco in meditazione contemplante il teschio e nel suo pendant Paesaggio con l’estasi di s. Francesco (Firenze, Uffizi), eseguiti insieme a Magnasco negli anni in cui entrambi lavoravano per i Medici a Livorno (1703-04 circa) o nel Grande bosco delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Nei dipinti di Antonio Francesco databili al secondo decennio, tra i quali spiccano opere come il S. Agostino incontra il bimbo in riva al mare (Genova, Galleria di Palazzo Bianco) e il Battesimo di Gesù (Washington, National Gallery of art), si assiste a un’ulteriore evoluzione della sua cifra stilistica improntata a un sempre più evidente disgregarsi delle forme della natura, che rivela la modernità dei suoi paesaggi.
Antonio Francesco morì a Milano nell’agosto del 1724.